Rette RSA per malati di Alzheimer e demenza 2025
Cosa prevede la legge e perché oggi conviene agire legalmente?
Chi ha un familiare affetto da Alzheimer o altre forme di demenza grave e ha dovuto affrontare il ricovero in una RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale), sa bene cosa significa ricevere fatture da migliaia di euro al mese.
In molti casi, queste rette sono pagate direttamente dai parenti. Spesso senza sapere che per legge, quelle spese dovrebbero essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
In questo articolo analizziamo in modo dettagliato cosa prevede la normativa vigente, quali sono i principi affermati dalla giurisprudenza (ormai favorevole e consolidata), e perché questo è il momento giusto per agire in giudizio, prima che intervenga una possibile riforma peggiorativa.
Cosa prevede la normativa: i riferimenti essenziali
Il quadro normativo che regola l’accesso e la copertura delle prestazioni in RSA è complesso, ma chiaro nei suoi principi fondamentali. Ecco i riferimenti principali:
Articolo 32 della Costituzione
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”
Questo articolo sancisce il diritto alla salute come diritto soggettivo pieno, non comprimibile da esigenze di bilancio.
Articolo 30 della Legge n. 730/1983
“Sono a carico del Fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali.”
Questo significa che se un paziente in RSA riceve cure sanitarie collegate all’assistenza (per esempio, per Alzheimer), il costo è a carico del SSN, non della famiglia.
DPCM 14 febbraio 2001 e DPCM 29 novembre 2001
Questi decreti distinguono tre tipi di prestazioni:
- Sanitarie a rilevanza sociale → a carico delle ASL
- Sociali a rilevanza sanitaria → condivisione tra SSN e Comune
- Prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria → interamente a carico del SSN
L’Alzheimer, nella sua fase avanzata, rientra esattamente in quest’ultima categoria.
DPCM 12 gennaio 2017 (nuovi LEA)
Il decreto che ha aggiornato i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), pur ampliando il quadro delle prestazioni garantite, non ha chiarito chi debba farsi carico della retta RSA nei casi complessi come l’Alzheimer.
Questo ha lasciato spazio a discrezionalità regionali e contenziosi legali crescenti.
Cosa dicono i giudici: il principio dell’inscindibilità
Negli ultimi anni la giurisprudenza ha chiarito in modo inequivocabile che quando le prestazioni assistenziali sono inscindibilmente connesse a quelle sanitarie, il ricovero in RSA deve essere interamente a carico del SSN.
Le sentenze più rilevanti:
Corte d’Appello di Milano n. 1644/2025
Riconosce il diritto al rimborso integrale delle rette RSA a una paziente con Alzheimer, ribaltando il primo grado.
Leggi l’approfondimento alla fine dell’articolo.
Tribunale di Grosseto n. 152/2025
Condanna l’ente pubblico al pagamento di oltre 102.000 € per il ricovero di una paziente psichiatrica in RSA, per la stessa ragione: prevalenza sanitaria.
Cassazione n. 33394/2024
Conferma l’invalidità delle clausole di ricovero che pongono i costi a carico del paziente se prevale la componente sanitaria.
Cassazione n. 26943/2024
Ribadisce che le prestazioni assistenziali strumentali a quelle sanitarie devono essere gratuite.
Cassazione n. 4558/2012
La prima storica pronuncia: riconosce che l’assistenza a un paziente con Alzheimer è attività sanitaria, quindi a carico del SSN.
Conclusione della giurisprudenza:
se c’è una diagnosi certificata di grave demenza, e un piano di assistenza che include cure sanitarie continuative, non spetta alla famiglia pagare la retta.
⚠️ Attenzione: le ASL spesso non rispettano questi principi
Nonostante le norme e le sentenze, molte ASL continuano a ignorare il principio dell’inscindibilità e richiedono il pagamento delle rette alle famiglie, che spesso non hanno né le conoscenze né la forza per opporsi.
Le motivazioni addotte sono:
- “non si tratta di prestazioni sanitarie ma di assistenza sociale”
- “i LEA prevedono una compartecipazione”
- “la struttura è convenzionata solo per una parte della retta”
Sono interpretazioni errate.
La Cassazione ha chiarito che non basta una classificazione amministrativa: ciò che conta è la prevalenza sanitaria della presa in carico e l’effettiva inscindibilità delle prestazioni.
Perché aspettare è pericoloso: il rischio della riforma
Al momento, la giurisprudenza è favorevole. Ma questa finestra di opportunità potrebbe non durare a lungo.
È in discussione in Parlamento una riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti (legge 33/2023, in attuazione), che potrebbe introdurre criteri più restrittivi per l’accesso gratuito alle RSA, subordinando la copertura ai vincoli di bilancio o a soglie cliniche più rigide .
Agire adesso significa far valere un diritto prima che venga limitato.
Chi fa causa ora ha ottime possibilità di successo. Chi aspetta rischia di vedersi chiudere la porta in faccia da una nuova legge.
Cosa puoi fare se hai un familiare in RSA?
✔ Hai pagato rette per un familiare con Alzheimer o demenza?
👉 Puoi chiedere il rimborso integrale, anche per gli ultimi 5–10 anni.
✔ Stai ancora pagando oggi?
👉 Puoi chiedere la sospensione immediata del pagamento e ottenere una pronuncia giudiziaria.
✔ Hai ricevuto richieste di pagamento da parte di RSA o ASL?
👉 Puoi opporle con un’azione legale documentata e fondata.
💬 Come funziona la procedura legale
- Analisi preliminare gratuita: esaminiamo documenti clinici, contratto RSA, piani terapeutici.
- Diffida all’ASL per richiedere la presa in carico integrale della retta
- Ricorso al Tribunale: in caso di rifiuto o silenzio, si agisce legalmente.
⏱ I tempi? Da 6 a 12 mesi in media.
Il diritto alla salute non si chiede, si pretende
Ogni giorno famiglie fragili pagano ciò che lo Stato dovrebbe garantire.
Oggi la legge è dalla tua parte. Ma non lo sarà per sempre.
🛑 Non restare fermo. Fai valere i tuoi diritti ora.
Rette RSA e Alzheimer: se il bisogno è sanitario, il costo è pubblico.
E su questo, la legge – per ora – è chiarissima.
Approfondimento sentenza Corte d’Appello di Milano n. 1644/202
🧾Sintesi della Sentenza
La sentenza n. 1644/2025 della Corte d’Appello di Milano riguarda un figlio che ha fatto causa a una RSA per non dover pagare la retta di ricovero della madre, gravemente malata. In primo grado, il tribunale aveva stabilito che il figlio doveva pagare. Lui ha fatto appello, sostenendo che la legge prevede che, in certi casi, queste spese debbano essere coperte dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
La Corte d’Appello gli ha dato ragione. Ha riconosciuto che la madre aveva bisogno di cure sanitarie complesse e continue, e che quindi il costo del ricovero doveva essere a carico del SSN. Di conseguenza, l’impegno firmato dal figlio per pagare la retta è stato dichiarato nullo. La Corte ha anche condannato l’RSA a rifondere metà delle spese processuali.
🔹 Parti in causa
- Appellante: “Figlio”, figlio della paziente ricoverata.
- Appellata: “RSA”, struttura RSA in cui la madre dell’appellante è stata ricoverata.
⚖️ Oggetto della controversia
Il ricorrente ha impugnato una sentenza del Tribunale di Milano (n. 7964/2024) che lo condannava a pagare una retta di ricovero di € 26.626,40 per la madre, ospite in una RSA. L’appellante sosteneva la nullità dell’obbligazione al pagamento, ritenendola contraria a norme imperative e comunque inefficace per effetto del suo recesso.
📌 Domande dell’appellante
- Nullità dell’impegno a pagare la retta, ex art. 1418 c.c.
- Inefficacia dell’impegno per recesso esercitato il 24/09/2021.
- Richiesta di dichiarazione che nulla fosse dovuto per il ricovero della madre dal 23/04/2021.
🧾 Tesi della controparte
- Ha chiesto il rigetto dell’appello, sostenendo che si trattava di prestazioni sociali a rilevanza sanitaria con compartecipazione del 50%.
- La retta era già calcolata al netto della quota sanitaria.
🧩 Decisione del Tribunale di primo grado (respinta in appello)
- Ha ritenuto che la paziente non fosse affetta da patologie gravi tali da rendere inscindibili le prestazioni sanitarie e assistenziali.
- L’obbligazione contrattuale era da ritenersi valida e il recesso inefficace in assenza di dimissioni.
🏛️ Motivazione della Corte d’Appello
- La Corte ha richiamato la giurisprudenza della Cassazione secondo cui:
- In presenza di patologie degenerative gravi (come demenza o Alzheimer), le prestazioni rese in RSA sono prestazioni socio-sanitarie a elevata integrazione sanitaria.
- Tali prestazioni devono essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e gratuite per il paziente e la sua famiglia.
- In presenza di patologie degenerative gravi (come demenza o Alzheimer), le prestazioni rese in RSA sono prestazioni socio-sanitarie a elevata integrazione sanitaria.
- Ha ritenuto documentato un quadro clinico grave della paziente (demenza con aspetti deliranti, diabete, tumori, ecc.).
- Ha dunque stabilito che le prestazioni rese erano a carico del SSN, rendendo nullo l’impegno al pagamento sottoscritto dal figlio.
📘 Esito
- Appello accolto.
- Riformata integralmente la sentenza di primo grado.
- Dichiarato nullo l’impegno al pagamento della retta.
- Condanna dell’appellata a rimborsare la metà delle spese processuali (con compensazione della restante metà, vista la complessità e variabilità degli orientamenti giurisprudenziali).
📜 Dispositivo finale
“Dichiara che nulla è dovuto per il ricovero della madre dell’appellante dal 23/04/2021 e dichiara nullo ex art. 1418 c.c. l’impegno assunto da “figlio”. Condanna “RSA” a rifondere metà delle spese processuali.”
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