Sentenza cassazione 2024: quando i parenti non devono pagare le rette RSA
Negli ultimi anni, molte famiglie italiane si sono trovate a dover affrontare un problema economico e legale complesso:
Chi deve sostenere i costi della retta per la RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) di un familiare non autosufficiente?
La giurisprudenza ha fatto chiarezza su questo aspetto con diverse sentenze, tra cui alcune pronunce della Corte di Cassazione e della Corte d’Appello di Trento, che hanno fissato principi fondamentali per tutelare i cittadini da spese ingiuste.
Comprendere questi orientamenti è essenziale per difendere i propri diritti ed evitare oneri indebiti.
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La sentenza della Cassazione di dicembre 2024
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33394 del 19 dicembre 2024, ha affrontato un caso riguardante il pagamento della retta di una RSA per una paziente affetta da Alzheimer.
La vicenda è nata dal ricorso dell’amministratore di sostegno di una paziente non autosufficiente, che si è opposto alla richiesta della struttura sanitaria di far pagare alla famiglia il costo della degenza in RSA.
In prima battuta, il Tribunale di Milano aveva respinto il ricorso, confermando l’obbligo di pagamento da parte dei familiari. Successivamente, la Corte d’Appello di Milano ha rivisto parzialmente la decisione, riducendo l’importo dovuto e riconoscendo una parziale tutela ai parenti della paziente.
Quando la retta della RSA non spetta: la Cassazione fa chiarezza
La Cassazione, ribaltando in parte i giudizi precedenti, ha stabilito che le prestazioni erogate dalle RSA devono essere distinte tra assistenza socio-sanitaria e cure ad alta integrazione sanitaria.
Nel caso in questione, la Corte ha evidenziato che la paziente era inserita in un nucleo specializzato per il trattamento dell’Alzheimer, caratterizzato dalla necessità di assistenza continua, trattamenti terapeutici e monitoraggio costante delle condizioni cliniche.
Legge 2001 per non pagare la retta RSA non dovuta
La Suprema Corte ha precisato che, in conformità con il DPCM del 14 febbraio 2001, le prestazioni ad alta integrazione sanitaria devono essere interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Pertanto, la richiesta di pagamento della retta da parte della RSA è stata ritenuta illegittima per la parte riguardante la componente sanitaria prevalente.
Il principio generale: le prestazioni sanitarie ad alta integrazione
Questa sentenza si inserisce in un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, volto a tutelare i diritti dei pazienti non autosufficienti.
La Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: quando le cure fornite hanno una prevalente finalità sanitaria, i costi non possono essere scaricati sulle famiglie.
In altre parole, è essenziale distinguere tra:
- assistenza sanitaria, che deve essere garantita dallo Stato, e
- assistenza puramente sociale, che può comportare un contributo economico da parte dei familiari.
Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2001 stabilisce che le cure ad elevata integrazione sanitaria rientrano tra quelle di competenza del SSN, mentre le prestazioni di carattere assistenziale possono richiedere un contributo economico da parte del paziente.
La giurisprudenza ha chiarito che nei casi in cui le cure fornite in RSA abbiano una finalità prevalentemente sanitaria, queste non possono essere poste a carico del paziente, il quale ha diritto alla copertura da parte del servizio pubblico.
Altre sentenze di merito: il caso di Trento (2020)
Un’altra importante sentenza, emessa dalla Corte d’Appello di Trento nel 2020 (n. 71/2020), ha confermato che:
le famiglie che hanno pagato somme non dovute per la permanenza dei propri cari in RSA possono richiederne la restituzione.
Il principio si basa sul concetto di indebito arricchimento, ovvero il fatto che le strutture non possono trattenere somme che avrebbero dovuto essere coperte dal SSN.
Nel caso esaminato dalla Corte, una figlia aveva chiesto la restituzione delle somme versate per la madre, affetta da gravi patologie (tra cui l’Alzheimer), sostenendo che si trattasse di prestazioni sanitarie ad elevata integrazione.
La sentenza ha respinto la richiesta per mancanza di prove sulla componente sanitaria preponderante, ma ha confermato che in situazioni simili il rimborso può essere richiesto.
Altri precedenti giurisprudenziali hanno evidenziato che il SSN deve farsi carico della totalità della spesa se le prestazioni rientrano tra quelle sanitarie ad alta integrazione, ma che la prova della prevalenza sanitaria deve essere adeguatamente documentata.
Importante
Per questo, è sempre fondamentale raccogliere cartelle cliniche dettagliate, piani di assistenza individualizzati e documentazione medico-sanitaria che dimostri la necessità di cure continue.
Quando i parenti non devono pagare la retta RSA?
Se un tuo familiare è ricoverato in una RSA e stai pagando una retta che ritieni ingiusta, potresti avere diritto a un rimborso. È fondamentale verificare se le prestazioni ricevute rientrano tra quelle a carico del SSN e se la struttura ha richiesto pagamenti non dovuti.
Alcuni passaggi fondamentali da seguire sono:
- Verificare la tipologia delle cure ricevute: controllare la documentazione sanitaria per capire se si tratta di prestazioni ad alta integrazione sanitaria.
- Richiedere il parere di un medico legale: una consulenza specialistica può essere determinante per stabilire se le cure rientrano tra quelle a totale carico del SSN.
- Analizzare il contratto di ricovero: verificare le clausole relative alla compartecipazione alle spese.
- Agire tempestivamente: eventuali richieste di rimborso devono essere avanzate entro determinati termini di prescrizione.
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