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Legge Gelli-Bianco: Errore medico: responsabilità dell’ospedale o del medico?

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Se un paziente subisce un danno da errore medico, una delle prime domande che sorgono è:

È colpa del medico che ha sbagliato o dell’ospedale presso cui lavora?

La Legge Gelli-Bianco ha chiarito questo aspetto definendo con precisione la responsabilità civile della struttura sanitaria e quella del singolo operatore sanitario.

Capire la differenza è fondamentale per il paziente che intenda chiedere un risarcimento, perché da ciò dipendono i termini per agire e l’onere della prova.

Vediamo in parole semplici quando è responsabile l’ospedale (o l’ASL) e quando il medico, e cosa significa per far valere i propri diritti.

La responsabilità “contrattuale” della struttura sanitaria

Quando entri in ospedale per una cura o un intervento, si instaura un vero e proprio rapporto contrattuale (anche se non firmi un contratto in senso tradizionale).

Significa che l’azienda sanitaria assume l’obbligo di curarti diligentemente. Se qualcosa va storto a causa di negligenza, imperizia o imprudenza durante la prestazione sanitaria, la struttura pubblica o privata risponde del danno ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del Codice Civile.

In altre parole, l’ospedale risponde per inadempimento del “contratto di cura” e risponde anche delle azioni dei propri dipendenti e collaboratori (medici, infermieri…) come se fossero proprie.

Questo tipo di responsabilità è detto contrattuale.

Per il paziente, la responsabilità contrattuale comporta vantaggi importanti quando si tratta di chiedere un risarcimento:

  • Più tempo per agire: il termine di prescrizione è di 10 anni nei confronti della struttura. Hai quindi fino a dieci anni dall’evento (o dalla scoperta del danno) per intentare la causa di risarcimento contro l’ospedale.
  • Onere della prova attenuato: spetta alla struttura provare di aver adempiuto correttamente alle proprie obbligazioni. Tu dovrai dimostrare il danno subito e indicare in cosa la prestazione è stata carente, ma è l’ospedale che deve eventualmente provare di non aver colpa (ad esempio che l’evento avverso è avvenuto nonostante tutte le cautele). Questa situazione viene definita “colpa presunta” a carico della struttura.
  • Responsabilità anche per i collaboratori: non importa se il danno è stato causato dal primario, da un medico specializzando o da un infermiere: la struttura ne risponde verso il paziente. Sarà poi eventualmente l’ospedale a rivalersi internamente sul dipendente che ha sbagliato, ma questo non riguarda la tua causa principale (è un rapporto interno struttura-medico disciplinato anch’esso dalla Legge Gelli, che prevede rivalse solo in caso di colpa grave, limitate a una certa somma).

In pratica, la legge invita il paziente a rivolgere le proprie pretese risarcitorie prima di tutto alla struttura sanitaria, che di norma ha più capacità economica e assicurazioni adeguate (come vedremo più avanti) per far fronte al risarcimento.

È importante comunque coinvolgere un avvocato, perché è il legale che saprà individuare correttamente quale ente o persona chiamare in causa in base al tuo caso specifico.

La responsabilità “extracontrattuale” del medico

Diverso è il discorso per il singolo medico o operatore sanitario (ad esempio l’anestesista, il chirurgo, il cardiologo che ti ha in cura).

Secondo la Legge Gelli-Bianco, il professionista risponde direttamente ai sensi dell’art. 2043 del Codice Civile , cioè per responsabilità extracontrattuale (da fatto illecito), a meno che tu non abbia stipulato con lui un contratto specifico.

In pratica, se sei un paziente del Servizio Sanitario Nazionale e vieni curato da un medico dipendente, tra te e quel medico non c’è un contratto diretto: il contratto ce l’hai con l’ospedale.

Il medico risponde comunque del proprio operato in caso di colpa, ma la natura extracontrattuale significa che:

  • Hai meno tempo per agire contro il medico: la prescrizione del diritto al risarcimento è di 5 anni nei confronti del singolo medico (salvo eccezioni). Questo termine più breve impone di muoversi tempestivamente se si intende chiamare in causa il sanitario.
  • Devi provare la colpa: a differenza della struttura, il medico non ha una colpa presunta. Sarà compito tuo (con l’aiuto di periti) dimostrare che il sanitario ha commesso un errore causativo del danno, per esempio violando le linee guida o i doveri di diligenza. Il medico può difendersi dimostrando di aver agito secondo scienza e coscienza. In breve, l’onere della prova in una causa contro il medico è più gravoso per il paziente rispetto a quella contro l’ospedale.
  • Responsabilità limitata ai casi di colpa: va detto che, se l’errore del medico è lieve ed è dipeso da situazioni non prevedibili, la legge (anche in ambito penale) tende a non punirlo severamente, specie se ha seguito le linee guida. Ma in sede civile, ogni negligenza accertata può portare a condanna del medico al risarcimento, anche se generalmente la causa coinvolge pure la struttura come co-obbligata.

Ci sono casi in cui il medico ha un rapporto contrattuale diretto col paziente: ad esempio se ti affidi a un chirurgo privatamente (intervento in libera professione) o a un dentista nel suo studio.

In queste situazioni, anche il medico risponde contrattualmente (quindi 10 anni di tempo e regime probatorio più favorevole al paziente).

La distinzione quindi è: medico dipendente SSN = extracontrattuale (5 anni); medico scelto privatamente = contrattuale (10 anni).

Non è sempre facile districarsi in questi dettagli, ma un avvocato specializzato saprà valutare il tuo caso e indirizzarti correttamente.

Cosa conviene fare in caso di malasanità?

In caso di sospetto errore medico, la strategia tipica è quella di chiamare in causa sia la struttura sanitaria che il medico (o i medici) coinvolti.

Sarà poi il procedimento a chiarire le rispettive responsabilità.

Dal tuo punto di vista, citare anche l’ospedale è importante perché, come visto, hai più garanzie in termini di prova e prescrizione, e soprattutto l’ospedale (o la sua assicurazione) ha la solidità economica per pagare il risarcimento.

Il medico, dal canto suo, potrebbe essere utile tenerlo in causa perché apporta informazioni, può essere coperto da propria assicurazione, ed è comunque giusto che risponda personalmente se ha sbagliato. In ogni caso queste valutazioni vanno fatte con l’ausilio di un legale.

Ricorda che la Legge Gelli non ti obbliga a scegliere uno solo: puoi agire contro entrambi contemporaneamente nello stesso processo.

L’importante è rispettare i termini (non far passare più di 5 anni, altrimenti perdi la possibilità verso il medico) e seguire la procedura di conciliazione obbligatoria prima di andare in giudizio (di cui parliamo in un altro articolo).

Infine, una volta avviata la richiesta di risarcimento, spetterà eventualmente all’ospedale rivalersi sul medico se emerge che l’errore è stato colpa sua grave.

Sappi però che la legge limita fortemente questa rivalsa: l’ospedale potrà chiedere al medico di rimborsare quanto pagato al paziente solo in caso di colpa grave o dolo, e comunque con un tetto massimo (non oltre 3 volte la sua retribuzione annua).

Questo per evitare la cosiddetta “medicina difensiva”: il medico non deve lavorare con la paura eccessiva di rovinarsi per un errore. Per il paziente questo dettaglio conta poco ai fini pratici del risarcimento, ma è bene sapere che esiste un equilibrio nel sistema: chi sbaglia paga, ma senza penalizzare oltremodo i sanitari diligenti.

In conclusione, in caso di malasanità hai dalla tua parte delle norme pensate per facilitare la tua tutela. La chiave sta nel rivolgersi ai soggetti giusti e nei tempi giusti.

Un avvocato esperto potrà indirizzarti, ma è importante che anche tu abbia compreso il concetto: l’ospedale risponde contrattualmente (10 anni), il medico dipendente extracontrattualmente (5 anni).

Questa doppia via di responsabilità, delineata dalla Legge Gelli-Bianco, è stata concepita per garantire risarcimenti efficaci ai pazienti senza scoraggiare i medici nell’esercizio della professione.

Nel prossimo articolo vedremo come muovere i primi passi per ottenere nei fatti il risarcimento, ovvero la procedura da seguire passo dopo passo.

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